Le ossa del diavolo di Kathy Reich - Recensione


Titolo: Le ossa del diavolo
Autore: Kathy Reichs
Genere: Thriller medico
Editore: Rizzoli
Anno: 2008





Avete presente la serie televisiva Bones? 


E la scrittrice Kathleen Reichs con i suoi romanzi che hanno ispirato proprio quella serie? Eh, beati voi, io no! Almeno fino a quando non mi sono imbattuta in questo romanzo che, poi ho scoperto, è l’undicesimo di venti romanzi che hanno per protagonista l’antropologa forense Temperance Brennan. Ora mi chiederete: ma perché Renzo, il tuo unico neurone attivo, non ti ha suggerito di cominciare dal primo romanzo? Beh, perché principalmente il libro era in offerta e comunque neppure Renzo sapeva che questo romanzo  fosse parte di una serie. Questo, però, non ha precluso la comprensione di vicenda e personaggi: la scrittrice, all’inizio, per mezzo delle parole della protagonista fa un rapido “riassunto delle puntate precedenti” molto utile a chi non conosce vicende e personaggi. Ed è un riassunto che sa fare il suo sporco lavoro, ve l’assicuro.
La protagonista di “Le ossa del diavolo” (e degli altri romanzi della serie) è una coraggiosa dottoressa che si divide tra il suo lavoro di docente all’Università della Carolina del Nord, precisamente a Charlotte, e l’ufficio del medico legale. È inoltre consulente presso il Laboratorio di Medicina Legale della provincia del Québec. Ma in cosa consiste la sua consulenza in parole spicce? Temperance studia le ossa umane a scopi legali. Mestiere allegro, non vi sembra? Cioè, questa qua esamina i resti umani rinvenuti sulla scena di un qualche crimine, interviene laddove il medico legale non può fare granché quando i corpi sono in avanzato stato di decomposizione o risultano mutilati. Sì, diciamo che se siete facilmente impressionabili questa roba non fa per voi – persino io ho avuto qualche difficoltà a gestire alcune descrizioni dettagliate che avrei preferito non leggere mentre mi rimpinzavo di patatine -, ma nei miei anni da lettrice compulsiva devo confessarvi di aver letto di peggio (Wilbur Smith vade retro!).


Temperance è un personaggio ben caratterizzato (un po’ come tutti i personaggi del romanzo, e ci credo: l’autrice ha avuto ben dieci romanzi, prima di questo, per caratterizzarli!) ed è difficile non fare il tifo per lei data la sua innegabile sfiga: ha un ex marito, Pete, che se la spassa con una tizia molto giovane e molto, molto dolce (no, non è vero, è una str…); ha una figlia, Katy, simpatica quanto il primo giorno lavorativo dopo un lungo ponte festivo; ha un ex fidanzato, il bel Ryan, poliziotto, che l’ha mollata per stare dietro alla figlia drogata (guarda un po’ che fortuna: lui ha scoperto di recente di averne avuta una e quella si droga pure!) e per riallacciare i rapporti con la ex, madre della drogata di cui sopra; ha un collega, il detective Slidell, col quale lavora a stretto contatto durante l’indagine e che è brutto, grasso, brusco e vagamente disgustoso (anche se, a modo suo, molto simpatico). Il suo unico coinquilino, che l’accoglie a casa dopo le innumerevoli ore di straordinario, è il gatto Birdie che, essendo un gatto particolarmente affettuoso, la snobba allegramente. Insomma, questa donna è la regina delle gioie, ma il suo narrare in prima persona è molto ironico e funziona, trascinando il lettore nella vicenda sin dalle prime pagine in cui viene descritta la noiosissima riunione alla quale sta partecipando in università, pensando, in realtà, a tutt’altro (a chi non è mai capitato?). Questo fino a quando non riesce a svignarsela quando viene richiesta urgentemente una sua consulenza su di alcune ossa rinvenute nello scantinato di una casa in ristrutturazione di Charlotte. Temperance scopre in quello scantinato un teschio e due calderoni che fanno presagire riti di qualche tipo, forse satanici. Ma chi ce li ha messi lì? Perché? Di chi era quella casa prima dell’acquisto da parte dei nuovi proprietari? E a chi appartiene quel teschio? Mentre Temperance ne studia la conformazione, scoprendo che appartiene probabilmente a una ragazzina afroamericana, viene rinvenuto un cadavere decapitato in riva al fiume (questa la scena delle patatine di cui vi parlavo sopra) e che reca degli strani simboli che sembrerebbero satanici. Ma su quel corpo c’è qualcosa di strano, che non torna, e che Temperance cercherà di spiegarsi assieme al fatto che il teschio e i calderoni trovati nello scantinato sembrino in qualche modo collegati tra loro.
Non vado oltre per non spoilerare. Il mio giudizio su questo romanzo è discreto, diciamo tre stelline su cinque. Sì, è un bel romanzo, scritto benissimo e con dei personaggi che cominciano subito a mancarti non appena finita l’ultima pagina (ciao, detective Slidell!). Dall’evolversi della trama, tuttavia, mi aspettavo di più, soprattutto perché quella che viene spacciata come l’intuizione geniale di Temperance (e che, alla fin fine, contribuisce a risolvere il caso), io che non sono un genio e che non so un accidenti di ossa e cadaveri mutilati (e meno male!), l’avevo avuta già nella prima metà del libro con un piccolo contributo di Renzo in uno dei suoi improvvisi e sporadici impulsi vitali. Altra cosa che non ho molto gradito, e che ha contribuito a rallentare il ritmo della narrazione soprattutto nelle prime pagine, sono le lunghissime spiegazioni fornite dalla Reichs. No, non sto parlando delle spiegazioni tecniche e mediche sulle metodologie usate per studiare le ossa – quelle possono anche starci in un thriller di questo tipo –, ma della noiosa e fastidiosamente dettagliata narrazione della storia di Charlotte e della sua conformazione urbana che ai fini della trama non serve a una cippa. Ho invece apprezzato alcune riflessioni su quelle che sono religioni diverse da quelle solitamente viste dall’opinione comune come giuste e sacrosante (è proprio il caso di dirlo), e che vengono giudicate come un male da debellare solo perché differenti, sconosciute e, per questo, giudicate pericolose nonostante siano chiaramente innocue. La protagonista riflette su quanto tutto questo possa risultare pericoloso se instillato nelle menti disturbate di taluni elementi, scatenando una sorta di ‘caccia alle streghe’ che non fa mai bene a nessuno tranne agli interessi di chi la scatena. A tal proposito, mi è rimasta impressa nella mente una frase scritta fra le ultime pagine del romanzo, una frase a mio avviso parecchio significativa. Giudicate un po’ voi:

“Abbiamo paura dei terroristi, dei cecchini, degli uragani, delle epidemie. E la cosa peggiore è che abbiamo perso la fiducia nella capacità del nostro governo di proteggerci. Ci sentiamo impotenti e ciò è fonte di ansia costante, ci porta a temere tutto ciò che non comprendiamo.”



Insomma, alla fine “Le ossa del diavolo” è un romanzo che consiglio a chi ama il thriller e che mi è piaciuto anche se si poteva fare di meglio. Magari provo con le altre indagini della Brennan e vi dico! 

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