I Figli dell'Aurora Boreale di Laura Silvestri - Recensione



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Titolo: I Figli dell’Aurora Boreale
Autrice: Laura Silvestri
Genere: Fantascienza sociale
Editore: Nativi Digitali Edizioni
I edizione cartacea: Maggio 2017
Formato: Ebook (Epub, Mobi e PDF) e Cartaceo su Amazon
Pagine: 70



Fantascienza sociale anni Settanta: queste sono le parole che mi hanno attratta e quindi spronata a scegliere questo lungo racconto scritto dalla bravissima Laura Silvestri che, secondo le informazioni che internet mi fornisce, per i suoi lavori – lei pubblica e vince premi letterari dal 2016 - predilige soprattutto fantasy e fantascienza. Il genere mi sembrava del tutto sconosciuto e, come ogni cosa nuova e sconosciuta, mi ha subito attratto. La fantascienza è un genere che apprezzo, sia in letteratura sia al cinema. Le mie conoscenze letterarie fantascientifiche, tuttavia, forse sono un pochino limitate: ho un’infarinatura di Asimov (ovviamente!), di Vance, Burroughs (sì, il “papà” di Tarzan, ma non ha inventato solo quello), Orwell, Bradbury e altri nati più di recente e di cui non mi sovviene al momento il nome (gli Junior Mondadori che mi divoravo da ragazzina non li ricordo tutti, abbiate pazienza). La fantascienza sociale, però, credevo mi mancasse. Prima di cominciare a leggere il lavoro di Laura Silvestri, ho fatto dunque una rapida ricerca su questo sottogenere per capire meglio su cosa avevo appena messo le zampe. Scoprendo che, in realtà, ho visto film e letto libri di questo tipo senza neanche saperlo: internet mi ha sputato fuori titoli come “2001: Odissea nello spazio”, “Il pianeta delle scimmie”, “L'uomo che cadde sulla Terra”, “Fahrenheit 451” e “1984” (anche se questi ultimi due non sono propriamente anni Settanta). Alla fine sono libri/film che un po’ tutti abbiamo letto/visto, me compresa. E quindi, in parole spicce, cos’è la fantascienza sociale? In sintesi la fantascienza sociale, o fantascienza sociologica, non mette in scena enormi battaglie intergalattiche (sì, quelle dove i cattivi hanno sempre una pessima mira), viaggi spaziali (data stellare vattelappesca) o tecnologie futuristiche (ma ‘sto cavolo di teletrasporto quand’è che lo inventano?), o almeno non calca la mano su questo. Lo scopo della fantascienza sociale è concentrarsi sui cambiamenti sociali, economici, politici – di qui anche la fantapolitica e la distopia – facendo un’analisi sociale della realtà, spingendo il lettore o lo spettatore a farsi domande sulla società in cui vive, a interrogarsi e a cercare risposte. Si tratta di un genere dove le paure, i vizi, i pregiudizi di una società, ci vengono praticamente sbattuti in faccia perché proiettati nella realtà futuristica fittizia descritta nero su bianco che abbiamo sotto il naso e dove la tecnologia è funzionale alla trama. O almeno è così che io e il mio unico neurone attivo, che per comodità chiameremo Renzo, l’abbiamo capita. Se non è così e io ho capito male, abbiate pazienza e siate gentili con me. E anche con Renzo.

E dopo lo spiegone di cui nessuno sentiva la necessità, torniamo a “I Figli dell’Aurora Boreale”. Tutto comincia un giorno di settembre del 2089 a Londra. La narrazione è in terza persona e gli eventi si svolgono al passato. All’inizio troviamo la signora Bradbury, una donna dell’alta società un po’ fissata col galateo, seduta composta in uno studio medico. Sta parlando con il dottor Parker, medico fin troppo cordiale, sorridente e disteso e che a me ha dato vagamente i brividi - o sui nervi, a seconda dei casi - con quel suo atteggiamento perennemente pacato. Oggetto della discussione è il caro maritino della Bradbury: ha commesso un qualche tipo di reato, qualcosa di assai grave per la legge della Confederazione Europea, e occorre un trattamento medico che lo aiuti a risolvere la situazione. All’inizio non è specificato quale sia il reato commesso dall’uomo e in cosa consista questo trattamento. Alla fine del primo capitolo tutto resta nel vago mentre la signora Bradbury legge i moduli per i consensi al trattamento probabilmente con la stessa perplessità che abbiamo provato tutti noi nel cercare di leggere e capire, per due millesimi di secondo, le nuove norme sulla privacy.
Subito dopo, però, lo scenario cambia totalmente. Il secondo capitolo comincia con un incidente, qualcosa di imprevisto che è capitato all’astro-veivolo di un diplomatico che, assieme alla sua delegazione e a sua moglie, si sta recando sul pianeta Vipeus per uno scambio culturale con gli evoluti abitanti del luogo. La narrazione, stavolta, è in prima persona e la vicenda è narrata al presente, ma non sappiamo che anno sia, intuiamo solo che si tratta di un periodo del futuro in cui i viaggi spaziali sono la prassi. La delegazione è riuscita ad atterrare sul pianeta ma qualcosa ha attaccato il velivolo, e il diplomatico è preoccupato per la sorte di sua moglie. Lo sarà per il resto del racconto che proseguirà in un’alternarsi tra le conversazioni della Bradbury col medico inquietante e quello che il diplomatico vive, vede e sente durante la sua missione divenuta, dopo quello sfortunato attacco al velivolo, parecchio imprevista e, per alcuni versi, drammatica. Dicevo, presente e passato: il presente è del diplomatico, il passato della donna, e forse quando arriverete alla fine cercherete di comprenderne il perché più o meno come ho tentato di fare io. Ovviamente le due storie, prima del finale, si intrecceranno divenendo un’unica storia e rispondendo a tutte le domande che comincerete a farvi sin dalle prime pagine. E nel finale rifletterete, e tanto, vi farete domande e vi darete risposte che manco Marzullo. Credo che sia proprio questo che Laura Silvestri vuole farci fare: riflettere, metterci davanti ai nostri stessi pregiudizi, farceli esaminare da un altro punto di vista, metterli in discussione. Possibilmente abbatterli. Perché il modo di pensare e di giudicare il mondo che ognuno ha non deve mai essere visto come giusto e indiscutibile, infallibile. Ci sono altri modi di vedere, pensare, giudicare. Modi che vanno rispettati – attenzione, rispettati, non tollerati! – e accettati come validi come i nostri. 
Se dovessi dare un voto a questo lavoro di Laura Silvestri sarebbe sicuramente un quattro su cinque. Ottimo lavoro! Il racconto è scritto benissimo, scorre rapidamente e ti tiene inchiodato fino al finale con annesso colpo di scena. Tra l’altro si legge in poche ore, quindi vi sentirete autorizzati a restare incollati alle pagine fino alla fine.

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Non c’è bisogno di apprezzare particolarmente il genere fantascientifico per gradire questa lettura. Al centro della trama non vi sono navicelle spaziali o tecnologie aliene, ma una tematica di forte attualità che vi spiazzerà per il modo in cui viene trattata. E in tutto questo, c’è una frase che mi ha particolarmente colpito e che vorrei segnalarvi. Ed eccola qua:

“Come si può far male a qualcuno perché ama una persona che a voi non sembra appropriata? Come si può giudicare, accusare e infine odiare qualcuno sulla base di chi vuole amare? È la follia più malata che io abbia mai ascoltato!”

Insomma, devo dirvi altro per convincervi a leggerlo?

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