“Un sogno, un amore e un equivoco” di Federica Cabras - La recensione


Titolo: “Un sogno, un amore e un equivoco”
Autore: Federica Cabras
Data di pubblicazione: 28 gennaio 2019
Genere: Narrativa/chick lit
Pagine: 222
Formato: ebook e cartaceo
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 “Scarto un cioccolatino. Non potrei mangiarlo, è vero. - «Mi raccomando, signorina, niente dolci e alcol!» - ma ora non potrei desiderare altro. Per la verità, vorrei un tazzone di Valium o un bonifico in banca, ma non c’è nulla che un buon cioccolatino non possa curare.
In questo momento, in mano la carta argentata e in bocca un sapore dolce, penso alla mia vita e mi vengono le lacrime agli occhi. Non ho un lavoro, non ho una casa, non ho un fidanzato.
Penso proprio che non possa esistere limite al peggio. E invece sì, esiste eccome.”

Virginia è una pasticciona: si sbrodola quando mangia, inciampa di continuo, pesta cacca di cane, fa saltare la corrente di interi locali con un semplice tocco, non regge l’alcol e dice bugie di cui poi si pente. Ma Virginia è anche una quasi trentenne ironica e con un cuore grande, esattamente come è grande il suo sogno: diventare scrittrice.
È questa, in estrema intesi, la divertente e dolce protagonista di “Un sogno, un amore e un equivoco”, romanzo tra narrativa e chick lit scritto da Federica Cabras.

Ma qual è, in breve, la storia di questa ragazza un po’ svampita alla quale è impossibile non affezionarsi?

Niente spoiler, promesso!

 Virginia è a un colloquio di lavoro alla presenza di una signorina Rottermeier dalle unghie rosso fuoco. Sta andando male. No, anzi, sta andando malissimo, nonostante ce la stia mettendo tutta per avere il posto nella redazione di un prestigioso giornale. E per rincarare la dose, alla fine se ne va delusa inciampando e travolgendo parte dei dispositivi elettronici presenti in redazione, distruggendoli. Bon. Virginia pensa quindi che la sua giornata non potrebbe andare peggio di così, ma non ha ancora fatto i conti col traffico impazzito della città e con un’amicizia storica forse finita per sempre. Virginia si deprime, mangia cioccolatini, si dispera pensando alla sua vita che non sta andando esattamente come lei aveva programmato (benvenuta nel club, bella de zia!). E mentre si strugge sconsolata su una panchina, ha il tempo di salvare un cucciolo di cane abbandonato che poi porta amorevolmente a casa. Facendo inevitabilmente venire un colpo apoplettico alla sua coinquilina costantemente armata di chanteclair, Susanna, ma scatenando anche l’entusiasmo degli altri due coinquilini, Giada e Stefano, che condividono l’appartamento con lei. E dopo i primi attimi di confusione dovuta alla storia del cucciolo, saggiamente battezzato Palla dalla protagonista, Virginia racconta del colloquio e della sua disperazione per non aver ottenuto il lavoro, parla di tutte le disgrazie che l’affliggono e del fatto che senza lavoro dovrà tornarsene a casa dai suoi, nel suo asfissiante paesino. Giada e Susanna sono sue amiche, l’ascoltano, la sostengono, la consigliano. E per tirarla su di morale la portano fuori a ballare. E a tracannare come se non ci fosse un domani. Ma un domani, però, c’è eccome e, tra un mal di testa e l’altro, Virginia dovrà cercare di ricordare chi era il bel tipo sulla quarantina che ha conosciuto la sera prima in discoteca, cosa gli abbia detto esattamente mentre era ubriaca persa, se sia stato lui a riaccompagnarla a casa e, soprattutto, se sia stato proprio lui a infilarle quel bel pigiamino coi cuoricini e gli orsetti che di solito tiene accuratamente sotto il cuscino.
Il bel tipo in questione si rifà vivo, ed è brusco, diretto, l’esatta antitesi della protagonista. Insieme, però, sono uno spasso. E sarà proprio lui, nonostante il caratteraccio, a fornire a Virginia una soluzione temporanea al suo problema: lavorare in un bar che conosce lui, dove stanno cercando una cameriera. Virginia è goffa, maldestra, ma i tempi sono quel che sono e trovare un lavoro, anche un lavoro qualsiasi, non è semplice, quindi deve adattarsi. Riuscirà Virginia a lavorare in un bar senza distruggerlo? E chi è veramente Giorgio, il bel tipo di cui sopra? E quella dolce ed elegante vecchina che si siede sempre allo stesso tavolo del bar, perché è così triste? E di Virginia e del suo sogno di diventare scrittrice che cosa ne sarà?

In alto, una foto della dolcissima Susanna.

 Il romanzo mi è piaciuto perché è leggero, divertente, scritto con piglio ironico e tuttavia accurato. Federica Cabras ha una bella scrittura e ne dà piena dimostrazione. I personaggi, anche quelli secondari, sono ben caratterizzati. C’è poi una sorta di trama parallela, culminante nella lettura di certe lettere davvero commoventi, che mi è piaciuta nonostante la tristezza che lasciano. Una tristezza che contrasta un po’ con l’ironia di fondo del romanzo ma che, comunque, è la scossa che serve alla protagonista per crescere, per maturare. Per capire meglio se stessa e cosa vuole davvero.  

 “Si pensa sempre che la vita ci riservi qualcosa di buono. Si vive una volta, lo sappiamo, e speriamo sempre in cuor nostro che sia un percorso positivo, luminoso, speciale. E, invece, talvolta la sorte ci dimostra che nessuno di noi è immune alla devastazione. Del corpo e dell’anima.”

Consiglio vivamente questo bel romanzo a chi vuole leggere una storia leggera, alle inguaribili romantiche e a tutte le ragazze che, nonostante la dura realtà, hanno il coraggio di inseguire i loro sogni con forza e determinazione. Sono sicura che la buffa Virginia e la sua storia vi piaceranno e vi incanteranno fino all’ultima riga.



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