"Fulgore della notte" di Omar Viel - La recensione


Titolo: Fulgore della notte
 Autore:  Omar Viel      
Editore: Adiaphora Edizioni      
Data edizione: 22 agosto 2019    
Genere: Narrativa      
Formato: Kindle e cartaceo  
Lunghezza stampa: 143    
Dimensioni file: 558 KB    



“Una sorrise. Gordon incendiò lo Zippo. Scintille e vapori di petrolio. Al primo sbuffo di fumo che si alzò dalla sigaretta risero assieme. Senza certezze, senza sapere perché lo facessero. Gordon sorrideva non per compiacerla, ma per celebrare le virtù della condivisione e del sentimento. Forse persino l’amore, quello strappo nel quotidiano che masse sterminate invocano come la sola salvezza nel dramma del creato.”

No, non è un romanzo come tanti. Non è una robetta da leggere per passare dieci minuti in totale relax spiaggiati sul divano, magari mentre divorate un’intera scatola di cioccolatini ripieni e cercate di dimenticare la giornata appena trascorsa. E non è assolutamente un libro da aprire alle undici di sera, magari quando siete già abbastanza intontiti dalla giornata e dal consueto stress e non connettete granché, mentre la gatta di casa reclama a gran voce l’ennesima razione di crocchetti. No, scordatevelo. Qui parliamo di un romanzo che richiede attenzione, di un romanzo che pretende la vostra concentrazione. Mica pizza e fichi, insomma. Di cosa parlo? Di “Fulgore della notte” di Omar Viel, romanzo surreale edito da Adiaphora Edizioni che io ringrazio per la lettura. 

Ma di cosa parla esattamente il romanzo? Qual è la trama?

Niente spoiler, promesso!

All’inizio c’è nonna Rachel che ha il compito di presentarci con parole e domande la strana famiglia in esame. La famiglia Wilson, per la precisione, composta dal professor Gordon, da sua moglie Una, veterinaria, e dalle figlie Liz, talentuosa musicista, e Sidheag, a detta di Rachel una fanciulla un po’ promiscua. Sì, la famiglia è parecchio strana e misteriosa e i suoi componenti sembrano costantemente in bilico tra visibile e invisibile, tra mondo tangibile e modo fantastico. E una sera, il passaggio dato da Gordon a Liz e alla sua amica all’uscita dalla palestra scatena una serie di eventi dallo spiccato sapore fantastico. Gordon pare sentirsi attratto dalla ragazza e dalla sua casa e va a trovare l’amica della figlia che gli pare così simile a sua moglie Una, sempre impegnatissima con il lavoro. Ed è durante questo incontro che, in casa della giovane, si scatena un misterioso incendio dal quale pare sgusciare via una tigre bella grossa che poi se ne va via allegramente. Gordon, ovviamente disorientato dal curioso fenomeno, fugge via, abbandonando baracca e burattini. Ci viene a questo punto raccontata la storia di Una e Gordon, fino alla nascita delle figlie. E sarà proprio una di loro, Liz, a tentare di capire cosa sia accaduto di preciso al padre la sera dell'incendio, dove si trovi Gordon e cosa si celi nel passato della sua famiglia. Si reca quindi a Londra per cercare il genitore smarrito, e inizierà qui per lei un viaggio fisico e metafisico verso la verità, tra strani personaggi, situazioni surreali, oscuri simbolismi e creature che ci sono e non ci sono insieme. Tipo vedo-non vedo ma più eteree… non so se potete capirmi. Insomma, prima di scoprire la verità, Liz dovrà scoprire se stessa in un viaggio interiore sempre pericolosamente in equilibrio tra tangibile e fantasia.

“Se è vero, pensò, che un libro rivela qualcosa del suo lettore, lo scaffale di una libreria ne dovrebbe fare il ritratto.”

Lo ammetto, per me non è stata una lettura facile, soprattutto perché, causa impegni quotidiani, sono costretta a relegare i miei amati libri alle tarde serate. Ma nonostante l’annebbiamento tipico della mia mente, a risaltare subito ai miei occhi sono state le atmosfere in cui si muovono i personaggi del romanzo. Atmosfere oniriche, mistiche, visionarie, spesso pregne di un’irrealtà difficile da scindere da ciò che di reale sta effettivamente avvenendo in quel momento tra le pagine. Ci sono poi citazioni importanti, veri e propri omaggi al Romanticismo inglese che aggiungono pregio all’opera di Omar Viel e che gli amanti del genere apprezzeranno subito. Il tutto è poi impreziosito da una scrittura elaborata che non è comune – come poco comune è uno scrittore come Omar Viel, finalista, tra l’altro, del Premio Calvino 1992 - e che sa trasmettere, con poche frasi, emozioni e immagini capaci di colpire immediatamente come folate di vento improvvise. Volete degli esempi? Eccoli qua:

“Due ombre entrarono nell’auto, sospiranti, umide di vento.
Gordon ne distinse a malapena le sagome, la luce che avrebbe dovuto illuminare l’abitacolo era estinta da tempo e lui non l’aveva ancora sostituita.
L’auto, sbagliando strada, si diresse verso Bedminster Bridge. Improvvisi scrosci di pioggia spazzavano il parabrezza. Il cruscotto gemeva nello sforzo di contenere la furia del motore.”

“Lui, a Bristol, camminava sotto un orizzonte fiammeggiante, affollato di detriti celesti.”

“Era inevitabile che il loro dialogo s’ingarbugliasse sulle coordinate geografiche in cui le dita erano entrate in contatto, in quel punto del mondo che nessun altro occupava. Il silenzio che mantennero davanti alle lusinghe della conoscenza reciproca s’infittì nel rumore di fondo del locale. Parole gridate, parole sussurrate. La schiuma della birra sulle pareti dei bicchieri formava un planisfero di terre e continenti. Il fumo del tabacco si addensava attorno alla loro tranquilla percezione reciproca.”

Voi come avreste descritto, rispettivamente, un’auto scassata, un tizio che cammina sotto un bel cielo al crepuscolo e un tipo e una tipa che, incrociando silenziosamente i loro sguardi e le dita, scoprono un’intesa sorprendente mentre sono nel mezzo di un locale affollato e rumoroso? Ecco, bravi, avete capito cosa intendo.
Insomma, la scrittura, i dialoghi completamente liberi dalla classica punteggiatura e le descrizioni presenti in ogni singola pagina sono instancabili sorprese e continui spunti di riflessione su cui soffermarsi a pensare, a immaginare. C’è tanto simbolismo, primo fra tutti quello relativo al viaggio introspettivo alla ricerca di se stessi. C’è tanto da interpretare, e questo richiede tempo e impegno mentale. Forse sarà per questo che, talvolta, mi sono un po’ persa fra le descrizioni, fra i paesaggi e le situazioni surreali, fra i sogni e la realtà di un mondo che pare prediligere il mistero nebuloso e imperscrutabile in cui sono avvolte le vicende. Un mistero che tuttavia è in grado di catturare il lettore per condurlo, per mezzo di oniriche strade brumose, fino all’ultima pagina.

In conclusione, consiglio “Fulgore della notte” a chi ama le letture surreali e dalle mille interpretazioni, agli amanti della poesia e del Romanticismo inglese. A chi apprezza soffermarsi sulla descrizione di una scena o di un paesaggio o di un’emozione. A chi gradisce letture poco comuni, ricercate, mai banali e vagamente sognanti.

In alto Daisy, la gatta di casa che, ormai soddisfatta dopo l'ennesima razione di crocchetti di cui sopra, mi dà finalmente il permesso di dedicarmi alla lettura. Ma non trovate carino il modo in cui sta sfondando la sua scatola preferita con la sua impareggiabile leggiadria? 



        



           

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